
“La maggior parte degli scritti che si riferiscono alla storia del vestito, o soltanto a quella della calzatura, non dedicano una parola a quell’accessorio della scarpa denominato tacco.
Pensiamo di doverci soffermare sull’argomento per un po’, al fine di rendere più completo possibile lo studio documentario da noi intrapreso.
Scorrendo i volumi che trattano della scarpa, ci si accorge che i tacchi fanno la loro apparizione verso il XV secolo. Solo da quel momento l’uso del tacco è definitivamente accettato. Esso è oramai ammesso come parte integrante della scarpa.
Tuttavia non si può affermare che il tacco non fosse in uso prima di quella data, e se gli esempi di questo accessorio non sono numerosi nelle scarpe antiche, i documenti relativi all’antico Egitto non lasciano dubbi sulla sua esistenza in quell’epoca remota. Per esserne convinti, basta rileggere nel nostro libro la parte dedicata alle scarpe di allora, dove figura un personaggio che calza stivali con tacco. L’autore che ce ne informa, lo rappresenta come un artigiano, il che sembrerebbe indicare che allora il tacco era di uso esclusivo per le scarpe da lavoro o per le camminate sui suoli fangosi. Moda effimera forse, seppur si trattò di una moda. Ritroviamo il tacco anche presso gli Indiani e abbiamo avuto occasione di menzionarlo nella monografia riferita a questo popolo. Ne riproduciamo qui un brano: “nella sua Description des Indes, Arien asserisce che gli Indiani ricchi indossassero scarpe di pelle bianca di ottima conciatura, e portassero tacchi alti il che aumentava la loro statura già molto alta. Basandoci sulla dinastia dell’epoca, si può ritenere che quelle scarpe con il tacco risalgano a circa 1250 anni prima di Cristo”. E’ altresì lecito accettare l’opinione secondo la quale il tacco sia sorto da una qualche necessità, così come tante altre invenzioni.
Secondo alcuni cronisti, sarebbe di origine persiana, e formava allora un blocco di legno che veniva applicato ai sandali al fine di isolare il piede dalla sabbia rovente. In principio, i tacchi erano alti quattro centimetri, ma la vanità della donna fece sì che le dimensioni iniziali fossero ben presto superate per raggiungere progressivamente la straordinaria altezza di trentasei centimetri. Non fu lo stesso per gli uomini che conservarono la dimensione originaria.

Il cronista che ci ragguaglia su tutto questo, dimentica di dirci che per adottare un tacco simile, occorreva che il davanti della suola fosse rialzato con una zeppa di altezza equivalente. E’ vero che conosciamo la pantofola-trampolo la cui zeppa di sughero in un pezzo solo esaltava prodigiosamente l’altezza di chi la portava. Sappiamo anche dell’esistenza presso le donne turche di zoccoli di legno provvisti di una semplice fascia, sotto la quale bastava infilare il piede per essere in grado di camminare. Ma, come si può capire, questi rialzi non hanno nulla che possa farli considerare come tacchi; non hanno nulla di simile ai tacchi alti Luigi XV o a quelli da stivale che vediamo nel XV secolo.
Dopo i Persiani, le Veneziane accettarono anche loro la moda dei tacchi.

Quei tacchi veneziani che chiamavano chapineys, presentavano tutte le varietà di ornamenti che potessero scaturire dalla fantasia dei calzolai. Erano variamente dipinti o intarsiati di madreperla. L’altezza del tacco indicava il rango di colei che lo portava, cosicché, aggiunge il cronista, le nobildonne per non perdere un’oncia del loro prestigio non riuscivano proprio più a camminare.
A partire dall’epoca in cui il tacco fu accettato, quest’ultimo subì l’influenza della moda, che lo voleva alternativamente alto o basso. Ma la moda era anche sottoposta ai capricci dei principi e dei signori, e si narra che sotto Luigi XIV, la regina Maria-Teresa che aveva il difetto di essere bassa, volle correggere lo svantaggio, con l’altezza esagerata dei tacchi.
Il tacco Luigi XV che è ancora molto in voga nelle mode contemporanee si distinse, sin dalla sua origine, per l’eleganza. Si potrebbe supporre che nacque sotto il regno di Luigi XV, dato che ne porta il nome. Non sarebbe così; ma è molto probabile che avesse la preferenza di questo re il quale ci viene rappresentato come sostenitore di un lusso effeminato.
Il tacco Luigi XV sarebbe datato alla fine del XV secolo, e sarebbe stato inventato da Leonardo da Vinci. Si sa che quest’uomo illustre fu oltre che grande pittore, anche architetto, ingegnere e musicista. Per ovviare alle difficoltà create da strade impraticabili, si portarono tacchi prima di altezza normale, ma poi divennero talmente esagerati da essere vietati dalla legge. Al fine di conciliare comodità d’uso e piacevolezze della fantasia, Leonardo da Vinci inventò il tacco la cui grazia doveva consacrarne la fama tra le generazioni future.”

Testo di J-b. Yernaux
Estratto dal libro: “LA CHAUSSURE A TRAVERS LES AGES” (prima edizione: 1929)
Edizioni A. BIELEVELD, Bruxelles
Ricerca Fotografica e Bibliografica a cura di: Barbara Placidi